domenica 8 luglio 2012

In fila

I miei pensieri sono ormai una spirale, un turbine disordinato e scomposto. Provo a metterli in fila.
Ho ricevuto due offerte per dottorato in Olanda.
Ho rifiutato una delle due offerte perchè se devo fare un dottorato accetterei l'altra.
[Fin qui ci sono...]
Ci sono differenze tra un dottorato (cioè, un lavoro in un'Università) e un lavoro (il complementare)? Il dottorando è assunto dall'Università che lo paga (anche bene) e sta rendendo un servigio all'Università mettendo a disposizione la propria mente e le proprie capacità ed impegnandosi a portare avanti un progetto di ricerca e tenendo qualche ora (modeste) di esercitazione. In  contemporanea, il dottorando deve seguire dei corsi e sostenere degli esami necessari per la propria preparazione nell'affrontare il proprio progetto di ricerca e anche partecipare a seminari e conferenze in giro per l'Olanda e per l'Europa (credo possa capitare). In altre parole, il dottorando deve essere una persona ben motivata a voler fare tutto ciò, perchè si richiedono sacrifici. Se c'è la motivazione a farli che ben venga.
Inoltre, il dottorando è legato da un rapporto di fiducia reciproca col proprio supervisore e ciò impone rispetto e chiarezza. Il dottorato si conquista con la propria bravura e, una volta ottenuto, si porta avanti con le proprie forze. Senza forze, non si va da nessuna parte.
[Forze, ben inteso, motivazionali... Mettere in fila i pensieri serve!]
Il lavoro, invece, si conquista con le unghie e con i denti. Con tanta pazienza. Il lavoro è flessibile, non c'è sempre un rapporto di fiducia da ambo le parti e questo può essere un bene e un male. Il lavoro può far male, il lavoro può far bene. In Italia i lavoratori sono sottopagati, in Italia non c'è sempre meritocrazia. Però, il lavoro è flessibile, a volte inflessibile, il lavoro è vario da questo punto di vista. Il lavoro lo accetti o non lo accetti. Il lavoro lo impari, il lavoro lo cambi o lo tieni o ti mandano o intanto che ci sei ne cerchi un altro. Il lavoro ti fa fare tardi ma il lavoro non te lo porti a casa o se te lo porti a casa è perchè il giorno dopo hai una presentazione importante o cosa. Il lavoro non ti fa sentire troppo in colpa verso gli altri, il lavoro ti può dare spazi, il lavoro ti può dare scuse.
[Ho capito...]

Il fatto che io abbia dato due definizioni diverse di due cose che in realtà possono essere percepite come simili (lavoro in Università, lavoro in qualunque altro posto) vuol dire che io li percepisco in modo diverso. Io sento probabilmente di non avere motivazioni per accettare un lavoro in Università. Io percepisco qualunque altro lavoro più flessibile e più adatto a me. Io sono più attratta dalle alternative. Io sento di non aver scritto subito al prof xxx perchè mi sono anche sentita in colpa per l'altro prof xxx che mi ha presentato bene e mi sento codarda a tornare sui miei passi e a dire che in realtà ho capito che non è la strada che percorrerò.

Il turbinio si è fermato. I pensieri sono espressi. Bastava un computer e un "Metti in fila i tuoi pensieri".

lunedì 2 luglio 2012

Cosa vuoi fare da grande? Essere felice.

Le scelte sono a volte paralizzanti. Non avevo ancora mai sperimentato questa sensazione. Mi sento come bloccata dallo stupore per ciò che mi è accaduto. Chiariamo, oggettivamente mi è successa una cosa bellissima, che mi aprirebbe delle prospettive variegate lavorativamente parlando e una possibile carriera accademica in un paese straniero. Non voglio disprezzare tutto ciò. E' che questa novità non mi rende felice. Ciò che mi rende felice è che le scelte che ho fatto finora sono state azzeccate: andarmene da Napoli per investire le mie energie in un'altra città ed un'altra Università, anzi in due altre città e due altre Università mi ha aperto tante porte e mi sta offrendo tante opportunità.
Questo mi fa dire grazie a te che mi hai aperto gli occhi, che mi hai fatto capire quanto sia grande il mondo, a quante cose posso aspirare e quante cose posso ottenere solo con la mia forza di volontà. Non credevo di potermi spingere così in là, ma sento che questo non è ancora il momento di fare una scelta così radicale. Sono consapevole che, qualora tra un anno cambiassi idea, non è detto che sia così fortunata da ottenere un'offerta così, ma questo non mi spaventa. Anzi, mi solleva da un peso.
So che tu vuoi che io sia felice, tu mi conosci così bene, per piacere, continua a farmi domande, quelle si che aiutano a smuovere i pensieri, ad andare avanti nelle riflessioni. A volte mi arrabbio perchè sono troppe e troppe insieme e allora annebbiano un pò, ma le risposte arriveranno quando tutto sarà più chiaro.
Continuo a pensare che ho fatto il corso di laurea in Matematica perchè mi piaceva e non ho mai pensato concretamente agli sbocchi lavorativi, non me ne sono fregata per quasi cinque anni. Non è un problema, anzi hai fatto bene a non assillarmi su questo, perchè la Matematica non si studia avendo come obiettivo questa o quella carriera, ma perchè è bella.
Ovviamente non si vive di sola bellezza della Matematica e questo non risponde alla domanda: Cosa vuoi fare da grande? Non lo so ancora esattamente. Per adesso so che non voglio partire a settembre per dare un dottorato. Forse non sono ancora pronta oppure forse, semplicemente, non è quello che voglio fare nella mia vita. L'importante è non pentirsi delle proprie scelte e sono certa (a meno di un insieme di misura nulla) che non succederà. La felicità è inseguire le proprie scelte. Ho già fatto la mia.